mercoledì 21 ottobre 2015

Sulla differenza di retribuzione tra uomini e donne

Si fa un gran parlare di differenza di trattamento salariale tra uomini e donne. E' uno dei cavalli di battaglia delle femministe (e non), ed argomento di scontro con gli uomini di questo mondo.

Poiché ho avuto il grande privilegio di aver lavorato quasi sempre con "cape" e non "capi", ho avuto anche modo di scoprire, come dice un noto cantante, che "gli uomini e le donne sono uguali".


Salvo le opportune eccezioni quindi, non ho remore nel parlare di loro obiettivamente e non mi appaiono sempre come vittime, come succede a molti uomini.

E' vero che c'è una disparità di trattamento tra uomini e donne, nessuno vuole negarla, soprattutto a livello di salario, ma ho visto con i miei occhi la conferma di quello che ho scritto sopra.

Ho conosciuto donne che avrebbero "asfaltato" chiunque sul loro cammino, se avesse ostacolato la loro carriera. Le ho viste fare cose meschine, tanto quanto gli uomini, ed entrare in competizione col coltello tra i denti. In contesti dove avevano opportunità al pari degli uomini, le donne si sono comportate come quest'ultimi. Quindi la storia delle povere vittime - mi dispiace - con me non funziona.

Le mie opinioni però valgono poco, ed oggi vorrei dimostrare perché la differenza salariale tra i sessi sia un problema prettamente economico (strano vero?). E come sempre quando si parla di soldi, la questione è meramente matematica e finanziaria, non sociale (gli uomini insomma, non odiano il sesso femminile né si sentono in competizione con esso). 

Parlo ovviamente di mondo occidentale - in altri paesi purtroppo la tradizione religiosa, culturale e sociale è ancora di tipo medievale e spesso non ammette per le donne neanche i più basilari diritti che dovrebbe avere un essere umano.


La matematica (come al solito) non perdona
In Italia si fanno in media 1.39 figli per donna. La legge prevede che le donne possano andare in permesso di gravidanza 2 mesi prima del parto e tornare al lavoro dopo 3 mesi (qualcuno mi corregga se sbaglio). Chi legge (soprattutto le donne) sa bene che sei c'è qualche problema, vero o presunto, si può stare a casa già dal terzo mese e tornare al lavoro più tardi. Insomma stare circa un anno lontani dall'ufficio per la maternità non è una situazione irrealistica, e questo è un rischio che un imprenditore tiene in conto. L'INPS paga l'80% del salario della lavoratrice, il restante 20% lo anticipa il datore di lavoro.

La legge però prevede (art.22, comma 3, della legge 151 del 2001Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”) che “i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie”. Ergo, a carico del datore di lavoro restano tredicesima, ferie e Tfr (e scatti di anzianità maturati nel periodo di assenza, ma qui li tralasciamo per semplicità).

Fatto 100 il costo di un lavoratore, considerando 15 mensilità (12 mesi + 1 tredicesima + 1 per le ferie + 1 per il TFR) una donna costa 100/15*3 = 20 l'anno, e tra permessi, complicanze, etc. non è raro come scrivevo prima che effettivamente una donna passi un anno lontana dal lavoro a causa della gravidanza. Ma una donna in media fa quasi un figlio e mezzo quindi costerà 20*1.4 = 28 (ed io personalmente, da imprenditore, userei un moltiplicatore 2 invece che 1.4 per sicurezza...)

Questo risultato va moltiplicato per 2 (qualcuno dovrà sostituire la donna in gravidanza no?) portando il conto a 56. Poi ci sono altre cose non quantificabili, come il costo per fare il training ad un nuovo dipendente, diciamo un'altra mensilità, cioè 100/15 = 6.67

Diventa 62.67 - Facciamo 63, cifra tonda?

Mediamente quindi rispetto ad un uomo, una donna porta queste 63 unità di costo in più e diversi problemi dovuti alla discontinuità che crea nel contesto aziendale.

Possiamo asserire che una donna ha figli in un periodo medio di circa 10 anni, cioè che tra i vari figli ci siano raramente più di 10 anni di distanza in totale?

Se si, ecco allora che 63/10= 6.3, molto vicino al 7.1% di differenza media di salario tra uomini e donne. E' chiaro che quando una donna invecchia e non può più fare figli, non è che il lavoratore le va a regalare un 7% in più in busta paga (ha lavorato con quello stipendio per anni, per quale razza di motivo dovrebbe aumentarglielo?). Ciò mette quindi tutte le donne nella situazione di avere un salario mediamente più basso.

Capito? Non sono gli uomini a volevi male, ma questa società dominata dal Dio Denaro, dove la probabilità che voi vi "ammaliate" nella vostra vita per un periodo complessivo di circa 14-18 mesi in più rispetto ad un uomo, viene tenuta in conto dal datore di lavoro.

Che c'è, non vi piace il termine "malata", è troppo forte? Ma non è mio, è degli istituti preposti a gestire queste situazioni, che ti dicono di considerare una assenza per gravidanza come un'assenza per malattia, ai fini gestionali!

Quindi che bisognerebbe fare?

Bisognerebbe che lo stato si accollasse TUTTI gli oneri delle maternità, incluso un bonus per problematiche difficilmente quantificabili. Infatti, guarda un po', gli occupati nel settore pubblico sono ben ripartiti per sesso (circa il 50%, dati ISTAT) e non vi sono differenze salariali sostanziali.

Pensate ancora che non sia vero? In Germania la differenza di salario media tra uomini e donne è del 21% (tanto perché i tedeschi sono sempre i meio e i paesi nordici all'avanguardia) e lì una donna può (ma non necessariamente deve) rimanere in maternità per 3 anni (l'ultimo non pagato). Un anno in Italia al 7%, tre anni al 21% in Germania, con buona pace dei non amanti della matematica e delle femministe di tutto il mondo.

E per favore, non cominciate con la storia che bisogna vedere le singole capacità, quanto uno è bravo, che le donne sono più precise sul lavoro, etc. Magari è anche vero, ma la personalità è difficile da quantificare - mesi lontano dal lavoro invece si.


Conclusione 
Donne, la prossima volta che cercate la "parità", pensate bene a che cosa significa ed a chi è il vostro vero nemico.

Quando urlate "se non ora quando" ed altri slogan che vi mettono in bocca gli spin doctors dei vari governi senza che neanche ve ne rendiate conto, ricordavi cosa davvero dovreste chiedere a gran voce.

La stragrande maggioranza degli uomini di questo mondo vi ama, è la società basata sui soldi che abbiamo creato insieme, che sa fare solo conti. E voi per la vostra natura biologica, in questa società capitalistica, portate nel contesto lavorativo un costo extra.

Quindi se volete fare la rivoluzione, fatela affrontando le cause dei problemi, non gli effetti, (come fanno di solito anche gli uomini...)

5 commenti:

  1. Chapeau, non avrei saputo dirlo meglio.
    E' da un bel pò di tempo che tento di spiegarla in giro, questa triste realtà...
    Christian

    RispondiElimina
  2. Caro Ivano, mi aggancio al ragionamento e metto in numeri questa riflessione.
    Per onestà, ufficializza la candidatura per l’UCAS, ufficio complicazioni affari semplici ;))
    Concordiamo sul fatto che:
    - far di conto aiuta a comprendere (fase 1), coso mai cercassimo di cambiare verso (fase 2) a qualcosa di storto;
    - agire per slogan è il modo migliore per mandare tutto in vacca e lasciare le cose come sono.

    Passo all'algebra:
    fatto base 100 il costo annuo di un lavoratore, mi ritrovo anche sulla valutazione dell'extra costo per gravidanza, rappresentato da tredicesima, ferie, tfr in capo al datore di lavoro e così quantificato: 100/15*3 = 20.
    Suggerisco, visto che ci occupiamo del caso "Italia", di considerare il paesaggio imprenditoriale nostrano, con le PMI che superano il 95%; soltanto per le grandi aziende è prudenziale adottare il parametro di 1.4 figli per donna poiché, considerato un elevato numero di dipendenti, è probabile che il dato statistico generale si avvicini a quello particolare di chi prende le decisioni; a meno di non sottoscrivere una polizza assicurativa ad hoc, ammesso che esistano, per il piccolo imprenditore con pochi dipendenti è più facile trovarsi di fronte alla "roulette russa": ti becchi la ragazza a cui le cicogne stanno antipatiche e la passi liscia ma, se così non è, ti può capitare quella che di pupi ne vuole 2 o più. Il calcolo statistico complessivo farà sempre 1.4 ma la piccola impresa, in assenza di sfera di cristallo, terrà conto dell'eventualità più sfavorevole.
    Pertanto, come ipotizzavi, portare il coefficiente da 1.4 a 2.0 (caso di 2 figli) è ragionevole per le PMI, cioè per quasi la totalità delle nostre imprese.
    Procedo con la matematica e applico questo parametro all’extra costo di partenza: 20*2.0 = 40.

    Lascerei invariata la quantificazione del training interno a 100/15 * (1 mensilità) = 6.67.
    Per esperienza, molte PMI in caso di imprevisti, come la sostituzione maternità oppure per i casi di infortunio/malattia prolungata, si rivolgono al mercato dell'interinale:
    teniamo conto di un anno di durata utile del nuovo contratto tra periodo di training, sostituzione lavorativa effettiva (almeno 5 mesi), prolungamento per permessi della persona in maternità e del costo di mercato dell'agenzia interinale (si va dal 10% al 20% della retribuzione della persona "affittata"):
    contrattando da piccolo imprenditore, senza economie di scala, presumo che l’agenzia interinale spunterà una remunerazione del 20%, che comporta un ulteriore extra costo di: 100*1/5 cioè il 20% della retribuzione annuale del neo-assunto in affitto = 20.

    Decido di considerare soltanto il compenso dell’agenzia di lavoro interinale e non l’intero costo base (100) del lavoratore in affitto in quanto è un ammontare che pagherei comunque per l'apporto garantito dalla lavoratrice "ordinaria" nel caso in cui non vada in maternità (oppure per veder svolta quella mansione da un uomo). Un costo comunque dovuto e non aggirabile.

    Ricapitolando:
    40 (costo base della maternità in capo all'imprenditore) +
    6.7 (costo training nuovo lavoratore) +
    20 (extra costo per lavoro interinale) =
    ------------------------------------------------------
    67 diviso per i 10 anni di rischiosità da te ricordati = 6.7
    Cioè un 6.7 % di penalizzazione implicita di cui tener conto nelle scelte di assunzione di personale.
    Le valutazioni sono parzialmente diverse ma siamo arrivati alla stessa conclusione.

    Di “leva” fiscale non si sono occupati Dante, Petrarca, Manzoni….la letteratura popolare in materia scarseggia.
    Forse Archimede esagerava, quando voleva sollevare il mondo.
    Accontentiamoci di qualche sgravio fiscale opportunamente congegnato.
    Magari nasce un’amicizia, tra bilancio d’esercizio e lavoro subordinato femminile.
    BUONA DOMENICA !!!!

    Moris

    RispondiElimina
  3. Buongiorno a tutti!
    Per esperienza personale... esperienza di manovalanza (concedetemi il termine) ho lavorato principalmente con colleghe donne e con assoluta certezza posso testimoniare che le donne rendono meno degli uomini!
    Eh si!!!
    Pausa pipì, nevrastenia acuta da mestruo, umore demento-labile, svogliatezza, un fare permaloso che piuttosto che vederle col muso ti ficcheresti un ago infuocato nella pupilla, pause maternità, gli innumerevoli permessi per portare figli dal medico e bla' bla' bla', schizofrenia da stress post matrimonio, post litigata, post partum, post vattelapesca, le sconfinate ore PAGATE che usa per spettegolare anzichè lavorare in silenzio e potrei continuare fino a farvi sanguinare le orecchie!!!
    Senza contare che se c'è da alzare un peso il collega uomo deve aiutare (perché sennò è un cafone)... quindi, io sono ignorante come un mocassino masticato da un cane ma due conti li so' fare anch'io! Eccoli qua:
    Donna: rende il 40/50 in meno di un uomo... ma non di un uomo bravo... renderebbe meno anche se per collega maschio avesse un babbuino senza mani!
    Uomo: rende il 100% per natura, per senso pratico, per forza fisica e perché... è UOMO... ma siccome è costretto a lavorare per se' stesso e pure per la collega demente... E ASSOLUTAMENTE LECITO CORRISPONDERE AL LAVORATORE MASCHIO NON SOLO UNO STIPENDIO PIU' SOSTANZIOSO MA ANCHE I COSTI PER UNA SANA TERAPIA PSICHIATRICA PERCHE', PER LE RAGIONI SU' CITATE, LUI E' TIRATO SCEMO A FORZA DI COLLABORARE CON UNA DONNA!!!
    OOOOOhhhhh questa è una realtà assoluta ed era tanta la voglia di esprimerla che l'ho quasi vomitata!
    Con ironia...
    Sam.

    RispondiElimina
  4. chi ragiona per numeri sulla gravidanza e la maternità, si è dimenticato da dove è uscito e che per un bel po' di tempo è stato un bambino................

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Chi risponde così (oltretutto in forma anonima) o non ha letto bene l'articolo oppure continua a parlare della cosa giusta da fare (sulla quale credo siamo tutti d'accordo) oppure sull'importanza (ovvia) di una sana (da tutti i punti di vista) maternità, ma di certo non sulla realtà delle cose. Le aziende pensano sempre più solo ai profitti - lamentarsi o prendersela con me non serve a nulla, capire cosa probabilmente stia succedendo, è il primo passo per cambiare le cose.

      Elimina

ATTENZIONE: Postando un commento accetti la privacy policy di questo sito, redatta in adempimento dell’art. 13 del D. Lgs. 196/2003 e dell’art.13 del Regolamento UE n. 2016/679. La privacy policy è visibile da tutte le pagine del blog mediante link nel menù principale in alto a destra.